Roberta Ficorella, responsabile HR di Minsait in Italia
Mi piace ricordare in questi giorni un traguardo di cui tutti gli italiani dovrebbero essere orgogliosi: il nostro paese ha l’onore di avere la prima donna ad aver ottenuto un dottorato di ricerca. Dobbiamo questo orgoglio a Elena Cornaro, una giovane donna veneziana che nel 1678 riuscì a superare pregiudizi e difficoltà per ottenere un dottorato in filosofia all’Università di Padova. Dopo l’impresa della dottoressa Cornaro, molte altre donne hanno continuato ad abbattere le barriere e ad allargare gli spazi di libertà. Grazie a tutte loro, oggi contiamo in Italia più donne laureate che uomini, secondo l’ISTAT, e più della metà dei dottorandi è donna.
Tuttavia, quattro secoli dopo le gesta di Elena Cornaro, ci sono ancora spazi di libertà e uguaglianza da conquistare. Nonostante la normalizzazione dell’accesso all’università, solo il 16% degli studenti in materie STEM nelle università italiane sono donne, secondo il rapporto di WeWorld “We Stem for Our Future”, pubblicato recentemente. La situazione non è molto migliore in Europa, dove la percentuale di donne con laurea nelle materie tecnologiche rimane intorno al 20%.
Un doloroso divario di genere che si ripercuote nel mondo del lavoro e che sta determinando uno squilibrio nella presenza delle donne nei settori tecnologici, destinati ad impattare profondamente sul nostro presente e sul nostro futuro. Oggi meno di 2 professionisti su 10 nel settore IT italiano sono donne, secondo l’indice DESI della Commissione Europea.
Questa perdita di potenziale e di talento è insostenibile, sia socialmente che economicamente. Secondo la Bank of America, se non esistesse il gender gap, le nostre economie aggiungerebbero fino a 23 trilioni di euro al PIL globale entro il 2025, equivalente alla ricchezza di Cina e Stati Uniti messi insieme. La disuguaglianza è semplicemente troppo costosa.
Tuttavia, non è solo una questione economica. La visione utilitaristica rappresenta solo una delle dimensioni del problema, ma non è sufficiente: siamo di fronte a una ingiustizia di natura sociale che rischia di radicarsi. In un mondo governato in gran parte da algoritmi di apprendimento automatico, la mancanza di donne ingegneri e programmatori sta portando all’emergere di pregiudizi algoritmici di genere, che possono amplificare e perpetuare la discriminazione e la disuguaglianza. Il futuro viene ora scritto nel linguaggio del codice, che rischia di riprodurre i pregiudizi, a volte involontari e indesiderati, dei suoi programmatori.
Affrontare queste sfide richiede uno sforzo congiunto e determinato da parte delle famiglie, del settore educativo e della comunità imprenditoriale. Le nostre aziende possono fare molto e devono guidare il cambiamento con tre priorità: promuovere una cultura aziendale in cui sensibilità e capacità diverse siano percepite come un valore e valorizzare e promuovere gli stili di leadership femminili; implementare meccanismi interni di valutazione e promozione che garantiscano parità di trattamento e riconoscimento per uomini e donne; sostenere i nostri professionisti affinché possano abbattere le barriere sociali e i “soffitti di cristallo” che continuano a limitare la loro crescita.
Per tutto questo, ci sono cinque misure concrete che possiamo promuovere nelle nostre organizzazioni e che possono aiutarci a favorire le vocazioni tecnologiche e l’uguaglianza in azienda:
- Insistere e incoraggiare l’attuazione, nel 2022, del congedo di paternità di 90 giorni previsto dal Family Act, avanzando verso l’equiparazione dei congedi di paternità e maternità in Italia e superando la situazione attuale che ci vede fanalino di coda dell’Europa in questo ambito.
- Promuovere nelle nostre aziende e istituzioni modelli di Smart Working che favoriscano la conciliazione, evitando modelli “presentisti” che purtroppo in molti casi e per motivi culturali, continuano a penalizzare le nostre professioniste.
- Promuovere la formazione online attraverso piattaforme virtuali per sensibilizzare i nostri professionisti, sia uomini che donne, sui diversi stili e capacità di leadership, così come sui vantaggi legati all’implementazione di modelli di crescita e promozione equi.
- Offrire borse di studio e programmi di mentoring nelle università e nei centri educativi, trasferendo l’esempio di professioniste di successo ai nostri studenti e studentesse, consigliandoli, guidandoli e accompagnandoli nella loro crescita e apprendimento.
- Favorire, nelle nostre catene di valore e di fornitura, i fornitori e i partner che contribuiscono a ridurre il divario di genere, con tassi di occupazione femminile superiori alla media del settore e tendenti alla parità, così come le aziende che hanno donne in posizioni di responsabilità e organi direttivi.
Queste sono cinque azioni relativamente semplici, con le quali possiamo contribuire a creare un ambiente più favorevole per le professioniste di oggi e di domani. Nelle nostre aziende, e soprattutto nel settore tecnologico, abbiamo la responsabilità e l’obbligo civico di creare le condizioni più favorevoli affinché i successori di Elena Cornaro possano sviluppare tutto il loro potenziale e talento, senza bisogno di atti eroici. Perché non raggiungeremo la piena parità di genere finché non ci sarà uguaglianza nelle aziende e nei settori, come l’IT, che stanno progettando il nostro futuro.