Conosciamo la città-Stato di Monte Carlo per il circuito di Formula 1 e gli yacht, ma dovremmo tenerlo a mente anche quando parliamo di transizione ecologica: vuole liberarsi della plastica entro il 2030, e da anni sta cercando di tracciare la rotta nella sostenibilità ambientale
Uno dei più noti circuiti urbani di Formula 1, un casinò dal prestigio internazionale, il reddito pro capite più alto del mondo, una superficie territoriale lillipuziana e il forte impegno per la tutela dell’ambiente. Ebbene sì, il Principato di Monaco non è solamente lusso sfrenato e gioco d’azzardo, ma anche attivismo green ed ecosostenibilità.
Il merito è del Principe Alberto II, al potere da oltre quindici anni e sempre in prima linea quando si tratta di difendere l’ambiente dallo sfruttamento e dalla pressione antropica. Il monarca ha raggiunto il Polo Nord in slitta nel 2006 (primo capo di stato al mondo a riuscire nell’impresa) per sensibilizzare la popolazione sul cambiamento climatico e nello stesso anno ha dato vita a una fondazione che supporta lo sviluppo sostenibile su scala globale e finanzia iniziative nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Nel gennaio del 2009 il Principe Alberto II ha guidato una spedizione in Antartide per incontrare la comunità scientifica ed è poi stato coinvolto in tutti i negoziati delle Nazioni Unite su clima, biodiversità e conservazione. aderendo all’Accordo di Parigi nel 2016. Qui è stato promesso il taglio del 50 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030 e la carbon neutrality entro il 2050.
Monaco ha un obiettivo ambizioso: liberarsi della plastica usa e getta (e dei conseguenti rifiuti) entro il 2030. Per raggiungere questo scopo sono stati intrapresi passi concreti come il divieto di usare buste di plastica imposto nel 2016, l’abolizione delle cannucce decisa nel 2019 e la messa al bando di piatti e posate non compostabili adottato nel 2020.
Tra le azioni meritorie intraprese in altri ambiti ci sono la lotta allo spreco alimentare, il potenziamento del consumo a chilometro zero grazie a un gigantesco orto urbano, l’implementazione di sistemi di bike e car sharing elettrici su vasta scala, la distribuzione di colonnine per la ricarica gratuita dei veicoli e l’uso di pannelli solari per rifornire di energia alcune strutture importanti come quella della Baia, insignita della prestigiosa Green Globe Certification insieme alla Spiaggia di Monte Carlo.
Entro il 2025 sorgerà un nuovo quartiere residenziale di lusso, chiamato Mareterra e destinato a diventare il primo eco-distretto della città-Stato. Il quartiere potrà beneficiare di una vasta gamma di tecnologie rispettose dell’ambiente come pannelli solari, sistemi di recupero dell’acqua piovana e pompe termiche.
L’energia rinnovabile fornirà l’80 per cento del fabbisogno energetico necessario per riscaldare e raffreddare gli ambienti interni, mentre il 50 per cento dell’acqua piovana potrà essere riutilizzato per altri scopi. Mareterra punterà molto sulla pedonalizzazione delle sue arterie mentre verrà incoraggiato l’uso di veicoli sostenibili per chi vorrà spostarsi più velocemente. Non mancheranno, poi, gli spazi verdi in cui la flora e la fauna locale potranno convivere in armonia.
La necessità di garantire la prosperità economica di Monaco e l’impossibilità di espandersi territorialmente in direzione della Francia hanno portato all’attuazione della cosiddetta land reclamation, la sottrazione della terra al marre per costruire nuove aree urbane. Ranieri III, padre di Alberto II, ha espanso del 20 per cento la superficie del principato durante il suo regno con la costruzione del distretto di Larvotto, dell’area industriale di Fontvieille e con l’allargamento di Port Hercules necessario per consentire l’attracco delle navi da crociera ed incrementare gli ingressi turistici.
Secondo alcuni, come la giornalista di Bbc Richelle Harrison Plesse, che lo ha sottolineato in un reportage pubblicato dall’emittente britannica, l’immagine sfarzosa di Monaco è in contrasto e forse incompatibile con il diventare verde. «Non si può chiudere l’economia di un intero Paese», ha ammesso Annette Anderson, manager del ristorante Stars’n’Bars, «quindi cerchiamo un bilanciamento, si tratta di compensare». Le difficoltà di cui parla Anderson necessitano di molta calma e di un paziente lavoro di convincimento per essere superate. Il futuro dirà se questo lavoro ha dato i suoi frutti.